Le domande che ti fanno quando dici di essere celiaca

30 Ott 2017

Nonostante sia stata declassata da malattia rara a cronica, a dimostrazione che il numero di malati di celiachia non è affatto esiguo, ciò che la fascia di popolazione che non è malata sa sulla patologia (esclusi gli amici e i parenti dei malati) è piuttosto esiguo e a volte fuorviante.

Gli stessi malati neo diagnosticati impiegano un certo lasso di tempo per afferrare appieno tutte le implicazioni di questa patologia e per capire bene in cosa consista l’adesione alla dieta senza glutine.

Tanti piccoli dettagli legati al concetto di contaminazione, la lista lunga di ingredienti che non possono più essere consumati anche se non parliamo specificatamente di “grano”; un bagaglio di conoscenze che si arricchisce quotidianamente e che ha reso per primi noi celiaci i protagonisti di domande che possiamo definire scontate o bizzarre, noi intolleranti che col tempo siamo diventati i destinatari di queste domande.

Dopo avere superato la fase “calda” dopo la diagnosi ed avere finalmente un quadro completo, tutte queste affermazioni e domande diventano anche simpatiche se non addirittura divertenti e ci accomunano perché un po’ tutti, in un modo o in un altro ce le siamo sentire rivolgere.

Affermazioni come le seguenti sono molto frequenti:

“Oh poverino! Ma tanto.. lo escludi per un poco e poi puoi mangiarlo di nuovo, vero?”

Beh no, non è un’allergia che crea danni con l’abuso di un dato alimento, non può più essere consumato per tutta la vita.

“Ma che grado di celiachia hai? Poco celiaco, tanto celiaco?”

A quel punto è doveroso spiegare che si, è vero che esistono vari livelli di danno ai villi intestinali ma che comunque all’atto pratico per un celiaco non cambia nulla, la dieta resta sempre la stessa, a vita.

“Ma se ogni tanto mangi qualcosa di normale mica succede niente, vero?”

Beh si, succede eccome! In molte persone nell’immediatezza non si evidenzia nulla, ma l’intestino ne esce malconcio e ci vogliono mesi di adesione alla dieta rigorosa per ritornare nella norma. Inoltre tantissime persone stanno male subito e anche gravemente o, come nel mio caso, hanno manifestato anche un’allergia al grano, quindi se non risentono subito delle conseguenze del glutine, potrebbero avere una brutta reazione al grano in sé.

“Ma è contagiosa?”

Decisamente no. Non la si contagia né per contatto diretto né per via aerea, come può succedere con virus o batteri, ma si eredita geneticamente.

“Ma tu la frutta la puoi mangiare?

Anche in questo caso bisogna spiegare, come tante altre volte che no, la frutta non contiene glutine per poi sentirsi chiedere:

“Ma allora perché non hai potuto bere il succo di frutta?”

E qui inizia la spiegazione di cosa siano la contaminazione e la cross contamination e di come possano fare danni per i quali è meglio non sottostimarle.

“Ah ecco perché sei magra! Perché non mi dai qualche prodotto tuo, tipo pane e pasta, così vedo se riesco  a dimagrire pure che io? Quando mangio la pizza mi sembra sempre che mi resti sullo stomaco”

In questo caso è doveroso spiegare come una dieta senza glutine non sia necessariamente dimagrante, ma obbliga alla scelta di ingredienti di natura diversa e che va posta grande attenzione ad un’alimentazione sana e ben bilanciata che includa tutti gli elementi nutritivi necessari per il nostro organismo.

“Tranquilla signora, qui facciamo tante cose per celiaci,  abbiamo la pizza di kamut che è una meraviglia, gliene faccio una?”

Molte persone pensano che il kamut sia privo di glutine perché spesso viene consigliato dai nutrizionisti al posto del grano classico, ma in effetti si tratta sempre di un tipo di grano (il grano khorasan) più ricco di proteine ma pur sempre contenente glutine.

“Ma tu come fai a cucinare a casa tua anche con glutine se non hai due cucine? Il mio medico mi ha detto che bisogna avere due cucine e due forni e tutte le pentole separate”

Mi sento rivolgere questa domanda molto spesso e ogni volta spiego come basti organizzarsi con sistematicità ed essere rigorosi per riuscire a gestire tutto. Etichette per gli ingredienti a rischio o facilmente confondibili, ripiani differenziati, attrezzi a rischio di colore diverso e così via rende possibile gestire bene tutto.

Ma la vera perla è:

“Ma come fai? Io se mi dicessero che sono celiaca mi ammazzerei!”

Questo mi è stato detto più volte. In effetti vista dall’esterno la malattia pare difficilmente accettabile, specie da un punto di vista sociale, ma una volta rientrata nella routine quotidiana ci si rende conto che è l’unica malattia che si cura senza medicinali.

Chiudo in bellezza con l’esclamazione che qui in Sicilia esprime vera compassione per il destinatario dell’aggettivo e che vuol dire “poverina”:

“Mischina!”