La cucina ebraica: piatti anche senza glutine nel segno della tradizione

2 Apr 2019

Più o meno in linea con la Pasqua cristiana, quest’anno le celebrazioni della Pasqua ebraica, festività importantissima per le comunità israelitiche di tutto il mondo, ricorreranno dal 19 al 27 aprile: ecco dunque una buona occasione per tuffarci seppure in velocità nelle tradizioni culinarie legate a questa festività – che, come vedremo, presentano aspetti interessanti e a tratti analogie sorprendenti con la cucina senza glutine – ma anche per allungare lo sguardo verso un altro aspetto estremamente interessante della tradizione ebraica: la cucina kosher.

Una festa che celebra la libertà
La Pasqua ebraica – che viene calcolata sulla base del calendario ebraico lunisolare e non coincide necessariamente con la Pasqua cristiana – si celebra il quattordicesimo giorno del mese di nisan (che corrisponde all’incirca al nostro marzo-aprile) e ricorda l’emancipazione degli Ebrei dalla schiavitù d’Egitto con la fuga verso la Terra Promessa. Le celebrazioni durano all’incirca 8 giorni e includono il Seder, momento clou dei festeggiamenti nel quale la tradizione impone di mangiare alcuni cibi con un particolare significato simbolico.

Cibi senza lievito ma non solo
Durante la Pasqua la tradizione prevede di eliminare dall’alimentazione ogni traccia di lievito: per questo motivo si deve procedere a una pulizia accuratissima della casa (le pulizie di primavera all’ennesima potenza!) che ha la funzione di introdurre in un ambiente assolutamente privo di impurità il pane azzimo, uno dei cibi chiave delle celebrazioni della Pasqua ebraica. Oltre agli alimenti lievitati è necessario evitare anche i cibi composti con grano, orzo, segale, avena, spelta. Scopriamo così che la Pasqua ebraica abbonda di numerose ricette senza glutine: fra queste, ad esempio, la torta di pistacchi e la torta di datteri con mandorle e cioccolato (entrambe senza farina), i biscotti di riso e miele e molte altre specialità facili da riproporre anche nella vostra cucina dando un’occhiata ai tanti siti specializzati reperibili in rete su questo argomento.

I piatti della tradizione pasquale
Durante il Seder alcuni piatti sono praticamente d’obbligo: fra questi il pane azzimo (matzah), in ricordo del pane senza lievito mangiato nel deserto dopo la fuga dall’Egitto; l’uovo sodo, simbolo dell’eternità della vita; le erbe amare (maror), simbolo del periodo durissimo della schiavitù.  Per chiudere in “dolcezza” necessario il charoset, una specie di pasta preparata con frutta secca dolcissima e simile a una densa marmellata di frutta

La cucina kosher: da cucina della tradizione a stile di vita
Di antichissima tradizione ebraica e praticata durante tutto l’anno è invece la cucina kosher, i cui dettami sono seguiti non soltanto dagli ebrei osservanti in tutto il mondo ma anche da quanti desiderano controllare molto attentamente la propria alimentazione. I principi di questa cucina si basano su quanto prescritto dalla Torah, il più importante testo sacro per gli Ebrei: fra i cibi non permessi ad esempio la carne di maiale ma anche il coniglio e il cavallo, i pesci che non abbiano squame e pinne (e quindi tutti i crostacei, le seppie, le anguille eccetera). Vietato anche mescolare carne e latticini che non possono essere serviti insieme nello stesso pasto. Quanto alla macellazione delle carni permesse, essa deve avvenire in modo che gli animali soffrano il meno possibile.

Una vera e propria certificazione alimentare
A ben guardare, la cucina kosher è forse la più antica forma di certificazione alimentare che si conosca perché i suoi precetti non riguardano soltanto i cibi permessi ma anche il modo di prepararli e cucinarli. Molto apprezzata anche da chi non è strettamente osservante, la cucina kosher sta riscuotendo sempre più successo anche al di là delle sue implicazioni strettamente religiose assumendo i contorni di un vero e proprio stile di vita: si tratta infatti di un approccio insieme culturale e spirituale che insegna a controllare molto attentamente cosa si mangia, una regola con cui chi ha la celiachia ha imparato molto bene a convivere.