Il primo giorno di scuola con una compagna speciale: la celiachia

7 Set 2015

Rubrica glutenfree a cura delle foodblogger di Spunti e Spuntini senza glutine

La maggior parte dei genitori ricorda con grande vividezza, anche a distanza di molti anni, il primo ingresso a scuola dei propri figli. L’evento viene vissuto, da grandi e piccini, come un “giorno speciale” che porta con sé una sfida: varcare i cancelli della scuola significa anche varcare i cancelli della società istituzionalizzata, immettere i bambini in quella che diverrà la loro “seconda casa”, in un contesto organizzato fondato su regole, norme di condotta interpersonale, diritti, doveri, responsabilità.

Reazioni di entusiasmo, paura, ansia e curiosità sono dunque comprensibili: mamme e papà sanno che, da quel momento, il loro bambino dovrà imparare a relazionarsi con l’altro, a governare i propri istinti, a mediare le differenze di genere, razza, status socio-economico, cultura, religione, alimentazione. Per prevenire l’insorgenza di momenti di conflitto o disagio durante il percorso scolastico del bambino, è fondamentale che ogni genitore instauri, sin dal primo giorno, una buona relazione comunicativa con i compagni di scuola, con gli altri genitori, con il personale scolastico e in particolare con gli insegnanti. Se il bambino è portatore di esigenze oggettive e specifiche (per esempio quella di alimentarsi in un certo modo) occorre avvisare le maestre fornendo loro informazioni precise e, ove possibile, strumenti e risorse per fronteggiare eventuali emergenze.

 

Veniamo al caso particolare del bambino celiaco.

Come dico alla maestra che mio figlio è celiaco?

Che cosa mangerà il mio bambino quando ci saranno le festicciole a scuola?

E se durante la merenda dovesse chiedere uno snack al compagno di banco?

Chi si accerterà che mio figlio non ingerisca cibi contaminati?

Come potrò evitare che venga deriso ed emarginato?

 

Calma! Facciamo un bel respiro profondo e convinciamoci innanzitutto che la celiachia si può gestire, e lo si può fare con tranquillità. Anche fuori dalla sfera familiare.

Ricordiamoci, sopra ogni cosa, che i bambini risentono fortemente delle nostre abitudini e dei vissuti domestici in cui crescono. Gestire la celiachia a scuola sarà molto più facile, quindi, se i genitori stessi riescono a vivere e a percepire la celiachia del figlio come una consuetudine, una componente come un’altra della quotidianità familiare. Viceversa, se i genitori si dispongono con atteggiamento ostile verso la condizione del figlio, il bambino finisce per incamerare gli stessi umori, recependo la celiachia in maniera critica e problematica.

In prossimità del primo giorno di scuola è necessario spiegare agli insegnanti che cosa è la celiachia e quali accorgimenti comporta nello stile alimentare del bambino. Questo li metterà nelle condizioni di prevedere e soddisfare i suoi bisogni, anche con l’ausilio di contesti laboratoriali e proposte ludico-ricreative con cui i ragazzini possano conoscere e confrontare le reciproche abitudini alimentari. Ogni insegnante, infatti, è chiamato ad erogare nozioni e conoscenza, ma anche a promuovere il benessere emotivo dei piccoli scolari, facendo sì che il bambino viva la propria permanenza in classe come una esperienza positiva e rassicurante.

Non abbiate paura di chiedere che il piccolo venga tenuto sempre sotto controllo, per evitare che ingerisca del cibo offerto dai compagni o che viva momenti di isolamento sociale. È importante che il controllo sul bambino sia costante ma sempre discreto, affinché egli non si senta continuamente sotto osservazione e quindi “diverso” dagli altri.

Può essere utile fornire alle maestre una scorta di snack senza glutine da tenere in classe. Così, se il bambino dovesse dimenticare lo spuntino a casa, o se non potesse mangiare nulla durante le festicciole di classe, l’insegnante potrà tirare fuori qualcosa per lui. In base alla sensibilità e al grado di disponibilità mostrati dall’insegnante potreste fornirle anche un prontuario dell’AIC.

Raggiunto un certo grado di confidenza con gli altri genitori, suggerite loro di predisporre soltanto prodotti gluten free in occasione di feste e ricorrenze, evitando così qualsiasi differenza e complicanza. Comunicate la vostra disponibilità ad aiutarli, e iniziate voi stessi ad organizzare festicciole, pomeriggi di studio o merende a casa vostra: genitori e compagni si renderanno conto che il cibo senza glutine è buono e goloso, e che essere celiaco non vuol dire doversi privare del gusto e del piacere di stare insieme.

La gita scolastica è uno dei momenti più attesi dell’anno, nonché un’ottima occasione di crescita per il bambino. Se dovesse presentarsi questa opportunità, non fatevi pendere dal panico e, soprattutto, non impedite al vostro bambino di parteciparvi per paura che possa sentirsi male. La colazione al sacco, se prevista, non comporterà particolari problemi, visto che ogni bambino porterà da casa il proprio spuntino. Mettete nello zaino qualche merendina in più, così vostro figlio potrà condividerla con gli amici. Nel caso fossero previsti dei pasti al ristorante, assicuratevi che la scuola si sia preventivamente messa in contatto con la struttura ricettiva, e che questa sia preparata ad accogliere adeguatamente il bambino celiaco.

Per quanto riguarda la mensa scolastica è bene sapere che esiste una legge – la n° 123, in vigore dal 2005 – a tutela dei celiaci. Essa dichiara espressamente che “nelle mense delle strutture scolastiche e ospedaliere e nelle mense delle strutture pubbliche devono essere somministrati, previa richiesta degli interessati, anche pasti senza glutine”. È dunque garantito il diritto del genitore a chiedere e ottenere pasti senza glutine.

Oltre ad essere una necessità alimentare, la celiachia è una questione psico-sociale e relazionale che può avere effetti sulla personalità dei soggetti. Poiché la psicologia dei bambini in età scolare è particolarmente complessa e delicata, essendo soggetta a continue ridefinizioni, non bisogna mai trascurare – ecco la regola più importante – il dialogo con i nostri bambini. Occorre ribadire loro che non si trovano in una condizione di svantaggio, né devono vergognarsi di dare voce alle proprie peculiarità, quasi fossero il sintomo di un handicap. Bisogna insegnare loro che la differenza è un valore, renderli responsabili della propria condotta alimentare e, nello stesso tempo, rassicurarli sul fatto che insegnanti e compagni sono punti di riferimento con cui condividere e scambiare esperienze.